Nato il 7 settembre 1921 a Castiglione di Ravenna.
Sergente Pilota della 2^ squadriglia “Vespa arrabbiata” del 1° gruppo Caccia “Asso di bastoni” dell’Aviazione Nazionale Repubblicana (ANR). Deceduto a 23 anni il 2 agosto 1944, precipitando a Pilastro a causa di fuoco amico.
Tra il 1943 e il 1945 il cielo sovrastante i colli Berici e Euganei fu testimone silenzioso di continue incursioni delle forze aeree Alleate, contrastate strenuamente dai caccia della Aeronautica Nazionale Repubblicana e della Luftwaffe, in uno di questi scontri si verificò un episodio di “Blue-on-Blue” come definiremo oggigiorno, ovvero fuoco amico, che il mattino del 2 agosto 1944 coinvolse i caccia italiani del 1° Gruppo Caccia ANR, purtroppo con esito tragico per il sergente Paolo Cimatti della seconda squadriglia “Vespe arrabbiate”. Questo evento era frequente nella bolgia dei combattimenti aerei dell’epoca, in cui erano impegnati decine di aeroplani. Di questo episodio abbiamo avuto la fortuna di potere raccogliere le testimonianze da chi ha vissuto la battaglia nel cielo e da chi ha assistito da terra allo scontro.
il Tenente Franco Storchi, pilota 2^ squadriglia del 1° gruppo Caccia, nel suo diario [1] ha descritto dettagliatamente quel che avvenne quel mattino di agosto durante l’azione del 1° Gruppo Caccia, guidata dal leggendario Maggiore Adriano Visconti, comandante del Gruppo, che decollò dall’aeroporto “Dal Molin” di Vicenza con una sezione di Macchi MC205 “Veltro” della 2^ squadriglia, guidata proprio da Visconti, assieme ai Fiat G55 “Centauro” della 3^ squadriglia, mandati a fornire copertura aerea sulle vie di comunicazione e le città venete in previsione delle ormai quotidiane incursioni delle formazioni aeree alleate.
Cosi racconta il Tenente Storchi: “Otto precise, i gigetti [NdA – i FIAT G55] come d’accordo attaccano e girano sul campo facendo quota ed i Macchi attendono il via dal Comandante Visconti. Nella nostra formazione manca ancora un Macchi, giro lo sguardo per vedere se giunge il ritardatario e vedo il n°11 ancora dentro il suo box che rifiuta di mettersi in moto. Le temperature dei nostri motori si stanno facendo troppo elevate il che ci impedisce di attendere oltre il puledro recalcitrante.
Al cenno di Visconti i Macchi Saettano veloci come per recuperare il tempo perduto in attesa. A 2000 metri, prima di abbandonare il campo dando un’ultima occhiata di sfuggita, scorgo il classico polverone sollevato da un aeroplano in decollo, è il n° 11 che ha messo giudizio, speriamo che riesca a raggiungerci, noi voliamo a quota media, la missione della giornata consiste nel pizzicare delle formazioni di cacciabombardieri che quasi ogni giorno dalle otto alle nove mitragliano l’autostrada impendendone, per quelle ore, il traffico.
Per una trentina di minuti incrociamo nella zona in attesa di comunicazioni radio per agire, ma al momento buono anziché cacciabombardieri ci vengono segnalati quadrimotori in volo sulla pianura padana. La scorta, secondo i radiolocalizzatori, dovrebbe consistere in “Mustang”, “Spitfires” …Da un repentino batter d’ali del comandante s’intuisce che l’atmosfera sta rapidamente riscaldandosi, il suo apparecchio vira secco a destra seguito contemporaneamente da tutti noi nella manovra e subito appare contro il sole una sagoma di un aeroplano che ci sta puntando con un leggero vantaggio di quota. Data la sua posizione lo si vede male, il sole, colpendoci di fronte, ci toglie tutta la visibilità, sarà solo o sarà solo il primo di una formazione?
Giunti a 1000 m di distanza il Magg. Visconti apre il fuoco e contemporaneamente le nostre armi seguono l’esempio. È un brevissimo attimo, fatto l’attacco frontale, c’incrociamo ad oltre 1400 chilometri all’ora
Lo strano attaccante con rovesciamento secco e poi con brusche virate cerca di sottrarsi al nostro inseguimento. Vengono ancora sparate brevi raffiche da distanza senza precisione poi, a causa della fortissima velocità acquistata nell’affondata, non riusciamo a seguirlo dopo un a brusca virata. Tornati in quota la radio ci ordina di rientrare; nella zona tutto è tornato alla calma, l’ultima formazione di bombardieri, circa 12 sta sorvolando il Po, nei pressi di Mantova con rotta Sud.
Dopo l’atterraggio apprendiamo che è partito anche il Serg. Cimatti ma non è riuscito, si vede, ad agganciarsi a causa del suo ritardo, dovrebbe essere anche lui di ritorno perché ormai è al limite dell’autonomia”.
Terminato il rapporto dopo la missione, i piloti del 1° gruppo attendono con ansia il rientro di Cimatti, ma i minuti passano e vanno oltre a quelli dell’autonomia del caccia, ansia e dubbi crescono; che possa essere stato colpito dal fuoco avversario? Che abbia subito un un’avaria? oppure esaurito il carburante? Che sia atterrato in un altro aeroporto o costretto a un atterraggio forzato fuori campo? Cominciano a contattare le varie basi, ma nessuno conferma l’atterraggio, alle prime ore del pomeriggio un’informazione pervenuta da un comando tedesco a 50 km ad ovest di Vicenza fredda le speranze degli uomini di Visconti, in zona è precipitato in fiamme un aereo italiano il pilota, un sergente, è deceduto. Le parole di Storchi evidenziano lo stato emotivo dei piloti nel ricevere la notizia:
“Lentamente una strana e assurda convinzione comincia a farsi strada nei nostri cervelli … Ci guardiamo in faccia sgomenti, ognuno formula contemporaneamente il medesimo pensiero, ma non si osa confessarlo. Il Maggiore Visconti mi chiama d’urgenza al comando tattico e quando mi trovo al suo cospetto quasi leggo nei suoi occhi la medesima espressione di dolore marcata negli occhi di tutti i piloti.
Immediatamente partiamo in macchina per il luogo della sciagura. Sul posto, nelle vicinanze di una casa colonica ritroviamo il Macchi completamente distrutto dalle fiamme; sulla terra è stampata a caratteri di fuoco la grande croce.
L’ultima fase della rovinosa caduta l’apprendiamo da un contadino del luogo, il quale stava tranquillamente lavorando nei campi. “Sembrava una V1, ci racconta, con quella lunga coda di fuoco; ad un tratto si è staccata una parte della macchina e subito ne è uscito il pilota che è caduto presso la casa”.
Evidentemente il povero Sergente Cimatti ha cercato in extremis di lanciarsi col paracadute, ma data la bassissima quota, la calotta non ha potuto aprirsi completamente. Il terreno ancora umido per la recente pioggia, conserva l’impronta del corpo del pilota caduto, il braccio sinistro è disteso in avanti mentre il destro è raccolto all’altezza del moschettone di sgancio.
Al cimitero del piccolo villaggio, disteso su un tavolato di marmo giace il corpo dello sfortunato collega, la morte violenta non ha deturpato i lineamenti, il suo volto è stranamente sereno, solo un rivolo di sangue s’è coagulato sul labbro e sul lobo dell’orecchio.
Il rito funebre è ormai cosa nostra, il feretro viene portato a spalle dai piloti che più gli erano amici, quelli stessi che per un assurdo errore, gli hanno tolto la vita”. Un picchetto di Avieri rende gli onori delle armi al caduto e anche Cimatti ha raggiunto la squadriglia degli eroi nel cielo della Gloria.
Non a torto, al ministero dell’aeronautica, ci hanno affibbiato il nomignolo di “Gruppo del Crisantema”.
Testimonianza drammatica e terribile quella di Franco Storchi che con il suo diario ha tramandato le gesta i sentimenti e le emozioni provate dai piloti dell’Aeronautica Nazionale Repubblicana.
Il racconto dell’abbattimento di Paolo Cimatti è riportato, seppur in modo meno preciso e dettagliato rispetto al racconto di Storchi, anche nelle memorie del Sergente Luigi di Cecco, trascritte nel libro “Vespa Arrabbiata”, anche lui gregario di Visconti in quella stessa missione del 2 agosto 1944. [2]
Ma dove si schiantò il Veltro di Paolo Cimatti? L’aereo precipitò nei pressi della frazione Pilastro del comune di Orgiano, località vicentina situata alle pendici orientali dei colli Berici; naturalmente, dato il periodo estivo molta gente da terra alzò lo sguardo al cielo per assistere al combattimento fratricida, ritenendo si trattasse di uno degli ormai quasi quotidiani combattimenti tra caccia alleati e tedeschi o italiani.
Fra gli spettatori c’era un ragazzino di Colloredo paese confinate a Orgiano, Giovanni Fattori, che al tempo aveva dieci anni, autore in età matura del libro “Colloredo, storia di una piccola comunità” [3], dove nel capitolo “Agosto 44, ore 11, il cielo brucia sopra Pilastro” descrive ciò che vide e provò quella tragica giornata:
“Il sole picchiava forte quella mattina dei primi di agosto 1944. Noi ragazzini nascosti in una piantagione di canapa, scrutavamo le grandi formazioni aeree delle Fortezze Volanti alleate che a ondate successive per ore e ore solcavano il cielo in direzione nord, tracciando lunghe vie di condensazione, così numerose da annebbiare la volta celeste.
La battaglia aerea fu terribile, un velivolo alleato viene colpito e precipita in direzione di Asigliano, il caccia italiano, braccato da tre caccia alleati compie vertiginose virate ma bersagliato dal fuoco incrociato delle mitragliatrici viene colpito: cadendo disegna nel cielo un grande arco nerastro, una lunga scia di fumo che esce dal motore in fiamme che, in avaria, rantola paurosamente, lo vediamo cadere non lontano da noi in direzione Pilastro. Il pilota tenta un disperato lancio ma ha solo un centinaio di metri di quota e il paracadute non ha il tempo di aprirsi; cade tra due morari (gelsi) sprofondando nel terreno umido con le pupille dilatate che fissano immobili il cielo terso. Corre voce sia uno studente universitario romagnolo, uno degli ottantamila arruolati nelle file della repubblica di Salò.
Anche noi ragazzi ci precipitiamo scalzi verso le Cree Storte del Pilastro. Sul posto troviamo la carcassa fumante del velivolo, dilaniata dalle ripetute esplosioni delle munizioni. Alcuni ardimentosi (Dino e Ampelio Valentini) si erano subito impossessati dell’elica ma, rincorsi dai soldati tedeschi immediatamente sopraggiunti, costretti a restituire il souvenir con persuasivi calci nel sedere. Lino Frison, proprietario del terreno, era piuttosto indaffarato a scacciare i numerosi intrusi dal suo campo malandato. Giungono di lì a poco anche i militi della RSI che constatata l’impossibilità di recuperare l’aereo, caricano su di una camionetta il corpo esanime del povero pilota”.
Abbiamo riportato integralmente quanto scritto dal Ten. Storchi e da Giovanni Fattore, perché dalle loro parole traspira il sentimento provato durante quella esperienza, vissuta da due prospettive differenti, parole che sono anche una finestra temporale su quella che è stata la guerra sui nostri cieli in quei terribili anni.
Giovanni Fattori è oggi un arzillo ottantanovenne che abbiamo avuto il piacere di incontrare nel suo paese di origine, e ci ha concesso il privilegio di ascoltare dalla sua viva voce quanto vissuto quel giorno, aggiungendo anche aneddoti non riportati nel suo libro, che conserva nella sua vivida memoria; racconta che la loro innocente curiosità di ragazzini, li portò a stendersi nell’impronta lasciata sul terreno bagnato dal corpo del povero Cimatti, rendendosi conto con stupore che era enorme in confronto alla loro piccola corporatura.
Giovanni, alla nostra richiesta sulla possibilità di ritrovare reperti del velivolo, ricorda che il relitto del “Veltro” era rimasto in superficie, e dopo essere stato spogliato di quanto era possibile riutilizzare come attrezzi da lavoro e masserizie, fu venduto come “ferro vecchio” da una famiglia, con il cui ricavato acquistò un maiale, una vera ricchezza per quel periodo di restrizioni belliche.
Unica testimonianza giunta sino a noi del “Veltro” di Cimatti è il seggiolino corazzato del pilota, ora visibile in una sala del “Museo Civico della Civiltà Contadina: Storia-Memoria” di Colloredo (VI), purtroppo montato a rovescio sul supporto espositivo e con la didascalia errata, che riporta un Fiat G 55 invece di un Macchi C205. Presso la base del 2° Stormo dell’Aeronautica Militare di Campoformido, a Pasian di Prato (UD), esiste il “Monumento ai caduti del 1° e 2° Gruppo Caccia”, alla base del quale c’è una lapide con la lista di tutti i piloti caduti, fra i quali compare anche quello del Serg. Cimatti Paolo.
Alla storia di Cimatti ha dedicato una ricerca, con ulteriori dettagli sulla vicenda, anche il signor Mirco Ferretto da Pilastro, pubblicata a luglio del 2023 nel libro “Una Vespa caduta a Pilastro” [4], riferendosi con il sostantivo “Vespa” allo stemma detto “Vespa arrabbiata” dipinto sul fianco anteriore di ogni caccia della 2^ Squadriglia di Cimatti.
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NOTE AL TESTO
[1] – "Ricordi di Volo e di Guerra” Ten. Franco Storchi (da Pag. 72 a Pag. 74), consultabile nel sito ufficiale dedicato al Maggiore Adriano Visconti: https://adrianovisconti.it/wp-content/uploads/storchi%20completo.pdf
[2] – Libro “Vespa Arrabbiata. Luigi Di Cecco Gregario Del Magg. Visconti …” di Luigi Di Cecco (l'Armadillo Editore), Pag. da 75 a 78.
[3] – Libro “Colloredo, storia di una piccola comunità” di Fattori Giovanni, 2018 (Vicenza: Cooperativa tipografica degli operai), Pag. 95 e 96.
[4] – Libro “Una Vespa caduta a Pilastro” di Ferretto Mirco, 2023.