Nella sua informativa il Capo della Provincia comunicava che il giorno 5 giugno alle 13,10 formazioni aeree nemiche avevano bombardato la città di Forlì sganciando circa 200 bombe. Un quadrimotore nemico risultava caduto in frazione Forniolo e sette uomini dell'equipaggio erano stati catturati.Fu la Guardia Nazionale Repubblicana ad adoperarsi per la cattura degli aviatori lanciatisi. Si legge nel Notiziario della G.N.R del 18 giugno: “Il 6 corrente, alle ore 13, subito dopo l'incursione aerea su Forlì un quadrimotore inglese precipitava in località Carpinello, mentre i 9 uomini dell'equipaggio si lanciavano col paracadute. Due squadre della GNR procedevano alla cattura di tre paracadutisti, di cui uno dichiarava di essere un prete americano. Altri due, rifugiatasi in un primo tempo in una casa, venivano consegnati dagli abitanti stessi al comandante del distaccamento GNR di Carpinello. I paracadutisti catturati sono stati avviati al comando militare germanico di Forlì. Due altri, componenti l'equipaggio del predetto quadrimotore venivano catturati dalle truppe germaniche. E' stato pure arrestato certo Ferruccio Babini, renitente di leva, sospettato di aver favorito l'occultamento dei due aviatori non catturati”. Antonio Mambelli, nel suo "Diario degli avvenimenti in Forlì e Romagna dal 1939 al 1945" ci conferma la data del 5 giugno: “Un apparecchio alleato è incendiato, sopra Carpinello; abbiamo visto alcuni gettarsi giu' con il paracadute. Si dice che due degli avieri americani appena toccato terra, scorta una giovanetta, si son fatti il segno della croce e le hanno mostrato delle medagliette per farsi intendere cattolici; poco dopo sono sbucati da un campo di grano, con segnali in mano, due individui armati che si ritengono partigiani: uno degli aviatori li ha seguiti”.
Dei tre quadrimotori perduti il 5 giugno dalla 15th Air Force uno, il B-24 H Serial Number 41-28928, risulta sparito indicativamente tra Bologna e Forlì: si tratta dell'aereo caduto a Forniolo. Il velivolo appartenente al 98th BG 343rd BS era decollato da Lecce per effettuare un bombardamento su Bologna. Colpito dalla contraerea ad un'ala e al motore n. 4, durante il volo di rientro aveva progressivamente iniziato a perdere potenza e velocità costringendo il pilota Lt. Saborsky a chiedere al resto della formazione di abbassare la quota di volo da 20000 a 13000 piedi. Successivamente, non potendo mantenere nemmeno quell'altitudine, Saborsky comunicò via radio che avrebbe continuato da solo fintanto sarebbe stato possibile. Poco dopo, ormai lontano dalla vista dei compagni, fu costretto a dare all'equipaggio l'ordine di abbandonare l'aereo. Undici aviatori si lanciarono sul cielo di Forlì: pilota 1st Lt. Henry J. Saborsky, copilota 2nd Lt. James H. Longino, navigatore 1st Lt. Carl Karsh, puntatore 1st Lt. Jack F. Herb, motorista Sgt. Walter Bruno, marconista Sgt. Eugene F. Bailey, mitragliere dorsale Sgt. Edwin J. Koval, mitragliere anteriore Sgt. Daniel E. Klosinski, mitragliere di coda Sgt. Alexander MacArthur, mitragliere destro Sgt. John T. Ford, mitragliere sinistro 2nd Lt. Robert F. Sullivan. Di tutti questi uno solamente, il copilota Longino, riuscì ad eludere la cattura rimanendo nascosto fino all'ottobre successivo. Tutti i prigionieri sopravvissero all'internamento e, a conflitto terminato, rientrarono negli Stati Uniti.
La fuga e la vicenda del copilota Longino è stata raccolta, studiata e riportata dallo storico riminese Daniele Celli, in quanto il fuggitivo riuscì con le sole proprie forze a raggiungere Maiolo. Dalla sua ricerca dal titolo “James Henry Longino 1944 da Atlanta a Maiolo” estraiamo quanto segue: “Uno dei primi giorni del mese di Giugno del 1944 un aviatore americano giunge ad una casa ubicata alla periferia di Maiolo dove chiede aiuto ad alcune donne incontrate su una carraia ad un chilometro circa dalla chiesa di S. Biagio. L'aviatore si chiamava James H. Longino, ed era riuscito a giungere sino a lì da Forlì dove si era dovuto lanciare con il paracadute prima che il suo aereo precipitasse a terra. Le donne incontrate lungo una carraia facevano parte della famiglia Selva, lavoratori agricoli con contratto a mezzadria, di origine Sanmarinese. Valeria Selva: "Una domenica mattina, verso le 9:00, io, mia mamma e mia sorella Settimia tornando dalla messa, abbiamo trovato lungo la carraia vicino a casa nostra uno straniero. All'andata non c'era. Ci siamo fermate a guardarlo, stavamo zitte, non sapevamo cosa dire. Lui era seduto sul bordo dello stradello. Si vedeva che quel ragazzo non era un italiano. Lui ha provato a parlarci ma noi non capivamo niente di quello che diceva, solo una cosa abbiamo inteso: "Tedeschi, tedeschi". Siamo corse subito a casa a chiamare mio fratello Dino. Solo in seguito abbiamo saputo che quel ragazzo era stato portato lì dagli amici di mio fratello, ragazzi che non conoscevo, i partigiani di Pugliano. Era alto, giovane, capelli lisci di colore biondo, vestito in abiti civili. Non aveva armi con sè. Non ricordo la sua età ma essendo già un pilota, poteva avere circa trent'anni. Mio fratello forse lo sapeva, parlavano sempre. Aveva in mano una sporta di garza con dentro della spianata, forse dentro c'era anche un biglietto per spiegare la sua situazione".
Elio Selva: "L'Americano si chiamava James Longines, ci aveva fatto capire che in italiano significava Giacomo. Il nome lo aveva inciso nel suo bastone unitamente ad un disegno di un uomo appeso ad un paracadute e la data in cui si era lanciato. Su quel bastone, con il coltello segnava una tacca per ogni giorno trascorso in zona dal giorno dell'atterraggio con il paracadute. I giorni corrispondenti alla domenica avevano una tacca piu' lunga".
Valeria Selva: "Ricordo che nei primi giorni mangiava con noi e lo facevamo dormire nella capanna del fieno. In quel periodo non c'era pericolo che lo vedessero i tedeschi e i repubblichini, non erano ancora arrivati. Lo ricordo quando prendeva in braccio mio nipote Carlo, il piu' piccolo della famiglia e lo faceva divertire lanciandolo in aria. Mentre lo faceva abbiamo visto scendere dai suoi occhi una lacrima. Pensava alla piccola figlia che aveva lasciato a casa ed al secondo figlio che stava arrivando. Dopo alcuni giorni dal suo arrivo, hanno iniziato a passare spesso sulla strada dei gruppi di repubblichini che pattugliavano la zona. Ero io che lo avvisavo quando si avvicinava qualcuno alla casa dicendogli "Fascisti, fascisti" e lui si correva a nascondersi tra gli alberi di sambuco. A quel punto mio fratello e mio babbo hanno pensato che fosse meglio nasconderlo nel bosco. Non ricordo chi lo ha fatto, penso sia stato mio fratello. Ha scavato una fossa, come una tomba, lui era lungo. Lì dentro in due si stava come sardine. Le dimensioni potevano essere all'incirca queste: una base di 80 cm e una lunghezza di 200 cm, sul fondo sono stati messi dei sassi per l'umidità e sopra hanno appoggiato un'armatura di legno. I panni glieli abbiamo dati noi, una vecchia imbottita. La fossa è stata coperta con delle assi sopra alle quali mio fratello ha messo delle falde di terra con l'erba, in modo da nascondere il rifugio dalla vista di chi poteva passare nella zona. Noi durante la mietitura prendevamo degli operai per aiutarci nel lavoro, dovevamo essere sicuri che all'Americano non lo vedesse nessuno. Finito di costruire il rifugio, hanno annaffiato la terra per fare in modo che l'erba non si seccasse, era venuto proprio un bel lavoro. L'ingresso era in mezzo ad un gruppo di alberi di ginepro, in mezzo al campo ad uso pascolo. Il bosco era un pochino piu' in là. Ricordo che alcuni nostri vicini dopo la guerra ci hanno detto di avere saputo dello straniero ma non hanno riferito nulla a nessuno, ci volevano bene tutti e non ci hanno denunciato". Elio Selva: "I rifugi dove è stato nascosto James sono stati due. Quello costruito per primo era stato realizzato nel campo a pascolo, a circa un centinaio di metri dalla casa, tra un gruppetto di alberi di ginepro. Il secondo era posizionato piu' lontano, tra due file di alberi di carpino nero. Per costruirlo si è lavorato meno perchè è stato realizzato sfruttando una frana presente sul podere dove si era creato un avvallamento".
Poco tempo dopo l'arrivo di Longino a Maiolo, hanno iniziato a passare in zona pattuglie di camicie nere. Sono i militi della Legione Tagliamento, stanziati a Pennabilli. Valeria Selva mi ha raccontato che mentre mietevano il grano, operazione che nella loro zona viene effettuata tra Luglio e Agosto a seconda dell'andamento della stagione, si era fermata una pattuglia di militi a cavallo in perlustrazione. Dal mese di Luglio inoltre si è registrato anche un aumento della presenza di militari tedeschi, la Villa Labor viene da loro requisita per farne un ospedale militare. La casa dove vivevano i Selva si trovava nei pressi della strada che collega Maiolo a Pugliano, utilizzata dai militari per rifornire il campo di battaglia e con l'avvicinarsi della linea del fronte anche per posizionarvi depositi di munizioni ai bordi della strada. In prossimità della casa Selva ne erano stati posizionati due, uno prima e l'altro dopo il ponte grande. La presenza militare vicino alla loro abitazione iniziava ad essere sempre piu' frequente e preoccupante.
Tutti questi fatti, oltre l'avere appreso le tragiche notizie della fucilazione di civili da parte dei militi del Btg. Tagliamento, a pochi chilometri da Maiolo, devono avere creato un notevole stato di tensione all'interno del nucleo familiare dei Selva. Certe informazioni non impiegavano molto tempo a diffondersi in ogni dove attraverso il passaparola. La situazione era divenuta ormai molto rischiosa. I Selva hanno dovuto prendere una importante decisione: allontanare o no l'aviatore americano dalla propria casa? Ho chiesto a Valeria perchè avessero continuato ad aiutare Longino dopo avere saputo cosa era successo a Pennabilli e come mai non gli avevano chiesto di lasciare la casa. Lei mi ha risposto: "Era così giovane, aveva famiglia. Ormai era da noi da un po' di tempo, come si faceva a mandarlo via?" Quindi nonostante tutto, James non è stato allontanato dai Selva, un gesto di grande coraggio, comunque non penso che Dino e gli altri adulti presenti in famiglia abbiano potuto dormire sonni tranquilli dopo avere preso quella decisione. Il rischio, nel caso che qualcuno avesse segnalato la presenza dell'Americano, o che fosse stato catturato durante uno dei vari pattugliamenti, era altissimo e con gravi conseguenze per tutti loro. Lo ha chiaramente rammentato Valeria nel suo racconto "se lo trovavano ci bruciavano a tutti. Mio fratello i miei genitori hanno avuto una gran pena per James, Dino poi aveva i figli piccoli". In paese già da un po' di tempo si erano stabiliti piccoli reparti di soldati tedeschi. I tedeschi hanno iniziato a creare depositi di munizioni nelle retrovie, nascosti tra la vegetazione per evitare che venissero scoperti dai numerosi caccia alleati che ogni giorno solcavano il cielo in cerca di un bersaglio da colpire. Alcuni di questi vengono realizzati anche ai bordi della strada che collega Maiolo a Pugliano, sempre sorvegliati da guardie armate, poco lontano dal rifugio dove è nascosto James, limitando di conseguenza le sue uscite allo stretto minimo necessario. Il 25/08 l'esercito alleato sferra l'attacco alla Linea Gotica, il sistema difensivo voluto da Hitler, realizzato tra Pesaro e Massa Carrara. Il tambureggiare dei cannoni lo si sente molto bene anche da Maiolo. Le strade nelle retrovie del fronte vengono percorse principalmente di notte, dai carriaggi diretti alla prima linea per far affluire rifornimenti e truppe o per trasportare verso gli ospedali i numerosi feriti. Con il passare dei giorni, la linea del fronte si avvicina sempre piu' e questo implica una presenza di militari sempre maggiore a Maiolo. Ormai la permanenza di Longino a Maiolo è divenuta troppo rischiosa. Dino Selva è molto preoccupato, la possibilità che venga scoperto lo tiene sveglio la notte, questo pensiero è un tarlo che non smette mai di lavorare nel suo cervello. Urge trovare una soluzione, bisogna spostarlo, ma dove e come farlo? Con le sue sole forze non è possibile, deve chiedere aiuto a qualcuno. L'avvocato Barbieri di Novafeltria, a detta di Carlo ed Elio Selva, deve avere avuto una parte importante in questa operazione, forse di collegamento con altre persone che hanno avuto un importante ruolo nello spostamento dell'Americano. Non ne hanno la certezza assoluta perchè di certe cose non si parlava in casa. Ad un certo punto Longino viene spostato da Maiolo, sembra verso Ferrara, per quanto ricordano Elio e Carlo.
Elio ricorda che James è rimasto da loro circa ottantanove giorni. Essendo stato abbattuto il cinque Giugno, ha trascorso a terra ventisei giorni sino alla fine del mese, trentuno in Luglio e trentuno in Agosto, il che porta complessivamente il totale dei giorni a ottantotto. Se i ricordi e i calcoli sono corretti, dovrebbe aver lasciato Maiolo ai primi di Settembre, l'uno o il due. In quel periodo i combattimenti sulla linea del fronte si stanno svolgendo al confine tra le Marche e la Romagna, a Cattolica, Gradara, Morciano, Saludecio e Tavoleto, linea che da Maiolo dista circa venti chilometri. Domanda: Dopo la guerra siete rimasti in contatto con James?
Valeria Selva: "Dopo la guerra James ci ha mandato molti pacchi dall'America. Arrivavano su a Novafeltria, non qui a Maiolo, li andava a prendere mio fratello Dino. Spesso capitava che qualcuno li aprisse e ben poco arrivava a noi. Ha mandato abiti, alimenti, latte in polvere, una penna stilografica. Un regalo lo conservo ancora, un piccolo porta cipria da borsetta. Ha scritto molte lettere, indirizzate alla mia famiglia. Forse arrivavano direttamente dall'Avv. Barbieri, solo lui sapeva leggerle, chiamava mio fratello e gliele traduceva. Erano arrivati anche dadi da brodo. Noi non avevamo mai visto una cosa del genere e non capivamo che cosa potessero essere e cosa ne dovevamo fare. Se ce li aveva mandati un utilizzo dovevano avercelo".
Elio e Carlo Selva: "James è venuto in Italia a trovarci dopo la guerra, nel 1952. Ci ha scritto per molto tempo. E' riuscito a venire in Italia solo una volta. Era Ottobre, faceva freddo e James ci aveva lasciato i soldi per acquistarmi un cappotto. Era atterrato a Milano dove aveva preso un taxi per arrivare a casa nostra. Il suo autista gli faceva da interprete, James sapeva dire in italiano solo qualche parola. Stava lavorando in una compagnia aerea civile, era atterrato a Parigi, così aveva colto l'occasione per venirci a trovare. Deve aver preso qualche giorno di ferie. Ci ha raccontato che dopo avere lasciato casa nostra, era stato portato verso Ferrara, dove era rimasto per circa un'altra ventina di giorni". Ada Selva: "Ricordo bene il giorno in cui James è venuto a farci visita. Io mi trovavo fuori casa nell'aia quando l'ho visto salire dalla strada principale. L'ho riconosciuto subito e sono corsa in casa urlando "è arrivato James". Non mi voleva credere nessuno. A Carlo, prima di partire ha chiesto che regalo volesse, pensando fosse interessato ad un giocattolo. Carlo ha risposto che voleva un cappotto. La mamma ha iniziato a prendere le misure ma James, pensando che fosse piu' sbrigativo andarlo ad acquistare, le ha lasciato i soldi necessari. Con quei soldi il cappotto si è rimediato per tutti noi tre fratelli". Domanda: Che lavoro faceva James quando vi è venuto a trovare? Valeria Selva: "Non lo so ma credo sempre il pilota perchè Carlo mi ha detto che è morto per un incidente aereo. ”.