“Una volta dal cielo cadde una portatrice di morte. Una fortezza volante americana s’abbassò; l’enorme uccello sfiorò quasi i tetti di via Riscossa e Valmarana [Oriago ndA]. Precipitò esausto in quel di Dogaletto. Molti gli accorsi per curiosare, tenuti a debita distanza dalle forze dell’ordine. Poteva esplodere da un momento all’altro. … Due piloti morti nell’impatto col suolo. Mani pietose li estrassero dalla carlinga … E gli altri dell’equipaggio? Si concluse che s’erano salvati col paracadute quando l’aereo ormai condannato, era ancora in quota. … Non si seppe nulla della sorte degli altri componenti…”.
Così il compianto maestro Giulio Mion , nativo di Mira, nel 2003 aveva descritto l’episodio nel capitolo intitolato “La fortezza volante caduta” del suo libro “Mira di ieri: anni '40-'60 dalla guerra alla rinascita”. Purtroppo l’autore non indicò la data di questa vicenda di guerra.
Nel dopoguerra la storia di questo aereo rimase perpetuata nella memoria collettiva dalla popolazione locale rimanendo uno degli argomenti di discussione in famiglia e nelle osterie di Oriago, di Gambarare e Malcontenta. Essendo essenzialmente un episodio tramandato oralmente di generazione in generazione e non ancorato ad alcuna memoria scritta è difficile stabilire la data del giorno in cui il bombardiere precipitò. Purtroppo, con il passare del tempo e la scomparsa di molti dei testimoni di allora, il ricordo è via via sfumato rimanendo essenzialmente retaggio solo di pochissimi anziani, all’epoca bambini.
Che velivolo era? Di che nazionalità? Che sorte ha avuto il suo equipaggio? In riviera del Brenta ancora rimane eco della storia di questo bombardiere sconosciuto, di cui mai nessuno ha saputo ricostruire la vicenda che lo portò a precipitare in territorio veneziano. Queste domande rimaste sino ad oggi senza risposta hanno come rivestito di un’aura di mistero l’evento del quale ancora oggi ci si interroga.
A poter finalmente svelare tale ‘mistero’ è l’associazione di ricerca “Aerei Perduti”, un sodalizio che da anni si occupa di ricostruire le storie degli equipaggi e dei velivoli abbattuti durante la Seconda Guerra Mondiale. Gli storici dell’Associazione, Fabio Chinellato e Alessandro Cianchetta -originari della Riviera del Brenta- da tempo cercavano di dare un’identità al bombardiere e al suo equipaggio, una ricerca che si è rivelata un vero “puzzle” da assemblare, un tassello alla volta.
Il primo tassello è la segnalazione di Ennio Zara, ricercatore e autore di articoli sui fatti accaduti a Malcontenta e dintorni, che negli anni ha raccolto le testimonianze locali sull’accaduto: “Il fatto avvenne verso mezzogiorno di un giorno festivo dell’inverno 1944, forse una domenica o una ricorrenza religiosa importante, perché i parrocchiani erano appena usciti dalla chiesa al termine della funzione religiosa quando videro un bombardiere in volo a bassa quota dirigersi verso la Barena di Dogaletto e lì compiere una virata e ritornare indietro in direzione di Dogaletto abbassandosi sempre più. assistettero al lancio di un membro dell’equipaggio avvenuto ad una quota troppo bassa perché il paracadute funzionasse correttamente, infatti fu ritrovato esanime a terra, con addosso il paracadute non completamente dispiegato. L’aereo precipitò incendiandosi in località Gambarare, sparpagliando i frammenti su alcuni campi in via Cà Ballo. Chi accorse non poté avvicinarsi molto a causa delle fiamme e dello scoppio delle munizioni, anche perché furono tutti allontanati in malo modo dai soldati tedeschi arrivati subito dopo in camion da Mira. Quando l’incendio si estinse, sul terreno fu rinvenuto un foglio bruciacchiato con indicata la località di Udine, mentre all’interno dei rottami furono trovati pochi resti carbonizzati ritenuti di due persone. Questi poveri resti e il corpo recuperato a Dogaletto furono tumulati nel cimitero di Malcontenta con una cerimonia religiosa officiata dal Parroco di Malcontenta, don Desiderio Barbato”.
L’indagine si rivela difficile per la mancanza di una data anche approssimativa dell’accaduto; nemmeno la ricerca documentale ha dato buoni frutti; né in parrocchia né all’anagrafe comunale furono registrate le sepolture di quegli avieri mai dimenticati. L’unico documento collegabile all’aereo si trova nell’archivio storico comunale: si tratta della velina di un telegramma dove si chiede alla Prefettura di Venezia cosa fare dei rottami di un aereo “americano” precipitato nel territorio comunale, sfortunatamente con la data illeggibile se non il solo anno: 1944. Gli unici elementi certi, anno e nazionalità, sono poca cosa per identificare con certezza il velivolo. Nonostante il lungo e paziente lavoro di lettura di un anno (1944) dei rapporti di bombardieri statunitensi precipitati nel nord-est, nessun velivolo è risultato compatibile con quello precipitato a Mira.
Un ulteriore aiuto ai nostri ricercatori è arrivato da alcune importanti testimonianze raccolte sul territorio: il Sig. Mario Melato da Oriago, ci ha permesso di aggiunge altri importanti tasselli al puzzle. Egli conosce e ci ha presentato due importanti testimoni, Giuseppe Frison, e il cugino Michele Mion, entrambi abitanti in via Cà Ballo, dove si schiantò l’aereo. Il campo dove precipitò il bombardiere era di proprietà della famiglia di Giuseppe. Lui non era ancora nato quando successe il fatto, ma conosce l’accaduto dai racconti dei genitori e per fortuna conserva un frammento del velivolo che ha consentito di identificarne con certezza il modello: si tratta di parte della blindatura di uno dei due sedili dei piloti di un bombardiere quadrimotore Boeing B-17 “Flying Fortress”, proprio la “Fortezza Volante” descritta nel libro di Giulio Mion.
Il cugino Michele Mion, aveva sei anni all’epoca e visse in prima persona l’accaduto. Seppure fosse molto piccolo ha conservato memoria nitida dell’avvenimento che così lo descrive: “L’aereo proveniva da dietro la mia casa di adesso, però allora qui c’erano solo dei “casoni”. Per paura ci nascondemmo con mia madre e i miei fratelli nel fossato, come di solito facevamo quando vedevamo passare gli aerei. Vidi scendere sette paracadutisti. Uno atterrò proprio qui a fianco vestito da frate e abbandonò il paracadute, che poi fu raccolto dalle donne che ne fecero camicie e fazzoletti. Io sono stato sempre curioso, così scappai e con un mio cugino andai dov’era caduto. Arrivai per primo e non c’era ancora nessuno. Parte dell’aereo bruciava ed i pezzi erano sparsi sui campi, però non bruciò per molto. Arrivarono i “grandi” che ci mandarono via, mio cugino fu preso per l’orecchio mentre io riuscii a scappare. Fra i rottami, mi dissero che avevano trovato due corpi”.
Anche il Sig. Michele conserva parti del velivolo, alcuni serbatoi di ossigeno in acciaio inox, tagliati a metà per farne dei secchi e vasi per i fiori, uno dei quali fa bella mostra di sé appeso all’arco di un pozzo con all’interno una rigogliosa pianta perenne, chissà se è un modo per tenere vivo il ricordo dei giovani aviatori caduti quel giorno. Purtroppo la memoria di Giuseppe Frison e Michele Mion non conserva una collocazione temporale sufficientemente definita dello schianto.
L’ultimo, ma determinante tassello, viene aggiunto dalla nostra ricercatrice Elena Zauli Delle Pietre che, in collaborazione con lo storico Freddy Furlan , reperisce negli archivi americani i documenti relativi al recupero nel dopoguerra, presso il cimitero di Malcontenta, delle salme dei sfortunati aviatori deceduti con il bombardiere; tra questi la relazione del custode del cimitero, Antonio Gazzato, che così ha registrato: “Il 30 gennaio 1944, un quadrimotore proveniente da Udine aveva problemi a due motori e precipitò a Cà Ballo. L’aeroplano aveva dipinto una stella all’interno di un cerchio [ndA: Il simbolo che identifica gli aerei dell’aviazione american]. Un aviatore dell’equipaggio provò a salvarsi lanciandosi col paracadute che sfortunatamente non si aprì e cadde morto sul terreno. Questo è l’unico che si può identificare perché nella sua giacca di volo c’era cucito una targhetta in cuoio con il suo nome inciso “G.S. THIGPEN”. Nel cimitero furono sepolti i resti di due aviatori carbonizzati e per questo non fu possibile identificarli. Gli oggetti appartenenti ai cadaveri furono presi dai tedeschi. Il 3 febbraio 1944, per ordine dei tedeschi, io aiutato da altri li abbiamo sepolti con rito religioso nel cimitero di Malcontenta nelle tombe n° 1 e 2. Oggi, 8 giugno 1946, due soldati americani hanno esumato i corpi”.
Il resto della documentazione permette di definire con certezza i caduti e l’aereo su cui erano a bordo. Erano il fotografo Paul J. MURPHY ed il copilota Gaylon Sielber THIGPEN, citato da Gazzato, i quali facevano parte dell’equipaggio di 10 persone del Boeing B-17G “Flying Fortress”, matricola 42-31424, appartenente al 353rd Bomber Squadron - 301th Bomber Group della 15th Air Force dell’Aviazione dell’Esercito degli Stati Uniti che, il 30 gennaio 1944, era in missione di bombardamento sul Friuli. Il velivolo rimase vittima dell’esplosione prematura delle sue bombe che lo portò a terminare il suo volo nei campi di Dogaletto. THIGPEN e MURPHY ora riposano nel Cimitero Militare Americano di Firenze.
Il copilota 2nd Lt. Gaylon Sielber THIGPEN (foto web) e probabile foto di Paul J. MURPHY (301st BG website)
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Il puzzle finalmente completo ci ha permesso di reperire la documentazione per ricostruire la missione del velivolo: si tratta del “MACR 2062” (Missing Air Crew Report 2062), rapporto che l’aviazione statunitense compilava per ogni velivolo non rientrato alla base, documento che riporta dettagli e testimonianze sulla perdita dell’apparecchio da parte degli equipaggi di altri velivoli e dei sopravvissuti.
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QUESTA E' LA STORIA DELL'ULTIMO VOLO DEL B-17 G SERIAL NR. 42-31424
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Sono le 9.00 di domenica 30 gennaio 1944, siamo in guerra da 5 anni, anche il comandamento “ricordati di santificare le feste” è completamente dimenticato. I bombardieri quadrimotori ed i caccia di scorta della 15th Air Force sono in procinto di decollare dai numerosi aeroporti che gli alleati hanno realizzato nella pianura pugliese proprio per ospitare la propria forza aerea strategica. Gli obiettivi sono gli aeroporti friulani di Lavariano, Maniago, Villaorba, Osoppo, Aviano e Udine. L’operazione rientra nei preparativi dell’imminente sbarco alleato ad Anzio, i pianificatori dello sbarco temono che gli aeroporti del nord Italia, ed in particolare la fitta rete aeroportuale friulana, possano essere usati come base dai bombardieri tedeschi li rischierati, per poter attaccare la forza di invasione e la testa di ponte di Anzio.
Fra questi velivoli c’è il B-17G “Flying Fortress” s.n. 42-31424, che si leva in volo dall’aeroporto di “Cerignola 1°” diretto a colpire Villaorba di Basiliano, un’estensione del complesso aeroportuale di Rivolto, attuale base della Pattuglia Acrobatica Nazionale. A bordo della nostra “Flying Fortress” ci sono 10 giovani aviatori americani: - Flight Officer Joseph B. PERKINS, comandante e pilota, - 2nd Lieutenant Gaylon Sielber THIGPEN copilota, - 1st Lieutenant Donald Lester TRACY, puntatore, - 2nd Lieutenant Theodore P. REYNOLDS, navigatore, - Sergeant John M. OLDROYD, motorista, - Sergeant Roy Everet RICHARDSON, operatore radio, - Sergeant David Gladstone WOOD, mitragliere torretta inferiore; - Sergeant William Pleny GRESHAM Jr., mitragliere laterale, - Sergeant John Herbert BROWNING mitragliare di coda. - Seargent Paul J. MURPHY fotografo
I vari gruppi, dopo il decollo di tutti i velivoli, si radunano davanti alla costa settentrionale pugliese e costituiscono le classiche formazioni da combattimento denominate “Boxes”. Ad essi si aggiungono i caccia di scorta P-47 “Thunderbolt”. La rotta è per il nord Italia. Una tranquilla navigazione a 15000 ft (circa 5000 m) tenendosi in mezzo all’adriatico per evitare la contraerea presente sulla costa ancora occupata dai tedeschi e dalle forze della Repubblica Sociale Italiana. Dopo circa due ore i bombardieri arrivano in prossimità della costa friulana e salgono a 23000 ft (circa 7000 m): la visibilità è buona, nuvole sparse più in basso non impediscono di vedere il terreno e l’obiettivo, i campi di volo e le aree decentramento dei velivoli sparse nella campagna friulana. I bombardieri possono proseguire la loro missione, inizia la parte più pericolosa del volo, parte la corsa di attacco del gruppi ognuno verso il propri target, l’aroporto di Villaorba per il 301th Bomber Group e la nostra “Flying Fortress”, A bordo dei B-17 si scatena l’adrenalina, i piloti stringono le formazioni, i navigatori si impegnano nel dare le prue corrette per raggiungere con precisione il bersaglio, i motoristi hanno tutti i sensi tesi a percepire ogni malfunzionamento dei propulsori ed a regolare in modo esatto l’erogazione di potenza, il puntatore è già concentrato sul suo apparato di puntamento Norden, i mitraglieri avvinghiati alle Browning scandagliano il cielo alla ricerca di eventuali caccia nemici che potrebbero eludere la guardia dei Thunderbolt di scorta. Tutti aspettano con terrore i primi fiocchi neri della contraerea.
Il B-17 di PERKINS arriva regolarmente sull’obiettivo in perfetta formazione con il gruppo. Lester TRACY, il puntatore, come da procedura, prende il controllo del velivolo, apre i portelli del vano bombe e, appena l’area di Villaorba gli appare nel reticolo del Norden, comanda lo sgancio del mortale carico di esplosivo. I Bombardieri americani per quella missione trasportano cluster di bombe a frammentazione da 20 libbre (9 kg), ideali per saturare l’area di schegge, soprattutto una superficie piana ed estesa come un aeroporto, fare tabula rasa di macchine, infrastrutture e personale non sufficientemente protetti. In pochi minuti il gruppo sgancia circa 5000 di questi ordigni sull’obiettivo. Proprio a bordo del nostro bombardiere in quel momento accade l’imponderabile: parte delle piccole bombe non si sono liberate con il comando di sgancio. Sono ancora al loro posto nei racks all’interno del vano bombe. Una di esse si stacca proprio quando il puntatore attiva la chiusura dei portelli. Impatta su di loro esplodendo. Il fotografo MURPHY si rende conto di quello che sta accadendo, urla via interfono a Tracy di fermarsi, ma è troppo tardi, il dramma ormai è inarrestabile. L’esplosione uccide all’istante lo stesso MURPHY, ferisce gravemente il copilota THIGPEN, fa saltare i portelli del vano, apre uno squarcio nella fusoliera e innesca un principio di incendio. La fortezza volante è condannata, esce dalla formazione ed inizia una discesa incontrollata.
Il comandante PERKINS riesce con grande perizia a riprendere il controllo del velivolo, non è un novellino, ha alle spalle 43 missioni di guerra. Valutati rapidamente i danni ritiene che sia oltremodo pericoloso cercare di proseguire il volo in quelle condizioni. Le linee amiche sono troppo distanti, una bomba esplosa a bordo non è uno scherzo, non si sa se e per quanto il bombardiere potrà mantenere il volo. Un rischioso ammaraggio in mezzo all’Adriatico o peggio un lancio in pieno inverno è quasi un suicidio. Il pilota decide quindi che il male minore per il suo equipaggio sia la prigionia. Ordina l’abbandono del velivolo ai sopravvissuti, mentre lui si attarda rimanendo ai comandi dell’aereo: vuole assicurarsi che tutti si siano lanciati, probabilmente tenta di rianimare il suo copilota poi, ritenendolo morto, inserisce l’autopilota ed abbandona il B-17 al suo destino.
I primi sette membri dell’equipaggio atterrarono non molto distanti dall’obiettivo di Villaorba, dove sono immediatamente catturati e avviati ai campi di prigionia in Germania. Rientreranno tutti negli Stati Uniti dopo la fine del conflitto. Il pilota, PERKINS, atterra anche lui in terra friulana ma, con l’aiuto della popolazione e dei partigiani locali, riesce ad eludere la cattura. Viene tenuto nascosto per un breve periodo poi, tramite alcuni partigiani sloveni, rientrerà al suo reparto il 9 marzo 1944. Per il valore dimostrato durante quella missione del 30 gennaio, PERKINS fu insignito della “Distinguished Flying Cross”.
Il 30 gennaio è domenica, chi non è al fronte ed i civili, pur nelle sofferenze e nei disagi della guerra, tentano di mantenere per quanto possibile abitudini e usanze del tempo di pace. Anzi, proprio queste sofferenze fanno cercare conforto nella fede. Ad Oriago e Malcontenta la gente era uscita da poco dalla funzione domenicale, sempre particolarmente affollata. È uno dei “giorni della merla”, ma non fa molto freddo. L’osservatorio meteo del Lido registra 10° di temperatura massima. In cielo qualche nuvola, ma gli ampi squarci lasciano passare qualche raggio di un timido sole di fine gennaio. Le persone sono invogliate a fermarsi all’aperto così, terminata la funzione, c’è chi si attarda sui sagrati delle chiese e nelle piazze dei paesi a scambiare qualche parola ed a godersi il tepore. Fu in quel momento che, improvviso, giunse quel bombardiere enorme e lento con un brontolio sommesso e irregolare proveniente dai quattro motori fuori sincronia. Esso procede basso sopra di loro in direzione della laguna poi, dopo una larga virata, precipita nella campagna della famiglia Frison, nei pressi di Dogaletto.“L’enorme uccello sfiorò quasi i tetti di via Riscossa e Valmarana”, questo scriveva il Maestro Mion, poche parole che però descrivono lo stupore e il terrore che certamente seminò la vista dell’aereo. Era proprio il B-17 abbandonato da Perkins e dal suo equipaggio.
Alla Boeing hanno lavorato bene, il “Flying Fortress” è una macchina solida e ben costruita tanto da reggere anche pesanti danni. Dopo l’abbandono dell’equipaggio, non si è avvitato, la sua cellula non ha collassato, l’incendio si è spento, equipaggi degli altri aerei in formazione lo hanno visto continuare a volare e sparire nelle nubi in prossimità di Lignano. A tutti ha fatto credere di essere finito in mare, invece ha seguito una lenta e regolare discesa lungo la costa, mantenuto in assetto dell’autopilota. Quel che accadde pochi istanti prima di schiantarsi al suolo resta solo una ipotesi che però vogliamo condividere. È possibile che il copilota THIGPEN, ritenuto morto, si fosse ripreso e, con le poche forze rimaste, fosse riuscito a prendere il controllo dell’apparecchio cercando di eseguire un atterraggio forzato. Constatata l’impossibilità della manovra, con la forza della disperazione, il copilota potrebbe aver tentato di lanciarsi col paracadute, pur con la consapevolezza della quota troppo bassa. Il paracadute non si aprì completamente e la sua esistenza finì nelle campagne di Dogaletto. Come abbiamo appreso dalle testimonianze locali, la salma del povero Murphy venne pietosamente raccolta dalla nostra gente e portata nel cimitero locale.
Il ricercatore e storico di Aerei Perduti Alessandro Cianchetta è riuscito ad entrare in contatto con Dough TRACY, figlio del puntatore Donald Lester TRACY, informandolo sul ritrovamento del punto d’impatto del B-17 del padre. Dough ci racconta che il padre, mancato nel 2007, era convinto, come il resto dei sopravvissuti, che dopo il suo lancio in Friuli, l’aereo si fosse inabissato in Adriatico portando con sé i suoi due compagni caduti.
La storia del B17G “Flying Fortress” matricola 42-31424, può dirsi ricostruita nei suoi dettagli e il mistero della “Fortezza volante” del maestro Mion completamente svelato. Rimane però solamente un unico tassello che non va ancora a posto: nella sua testimonianza Michele Mion parla di 7 aviatori paracadutati. Come è possibile? Gli 8 sopravvissuti del nostro B-17 si lanciarono in Friuli, come può averli visti il sig. Michele? Scherzi della memoria dopo 76 anni dall’accaduto? Un altro bombardiere misterioso a Dogaletto? Niente di tutto ciò, questo è il bello della ricerca storica: spesso le indagini su un fatto portano a risvolti sorprendenti compreso quello di scoprire un’altra storia che, per una inferenza, era stata unita a quella del nostro velivolo. Ed è così che un’altra vicenda emerge inaspettata, quella di un bombardiere bimotore precipitato nelle barene della laguna Veneta di fronte a Dogaletto, sul finire del conflitto. Dopo 76 anni, due eventi separati, finirono con il sovrapporsi nella memoria dell’amico Michele. Questa quindi è un’altra storia e Aerei Perduti la sta già ricostruendo. Non mancheremo di pubblicarla a lavori conclusi.
Il pilota, Flight Officer Joseph B. PERKIN e il bombardiere, 1st Lt. Donald Lester TRACY (foto Dough Tracy)
Un B17 del 301 BG sgancia cluster di bombe a frammentazione (foto Dough Tracy)
Formazione di B17 del 301 BG investita dal fuoco dalla contraerea (foto Dough Tracy)
Foto dei risultati bombardamento del 30/01/44 su Villaorba (UD) – Foto 301st BG website
Declaratoria per l’assegnazione della “Distinguished Flying Cross” al Com.te PERKINS - 301st BG website